Il saggio presenta una discussione critica del paradosso di Zenone chiamato l’Achille, con attenzione soprattutto alla sua fortuna, in particolare negli ultimi cento anni. Si distingue l’aspetto puramente matematico relativo al problema della serie infinite convergenti, quello ontologico relativo alla questione dei supercompiti e quello filosofico della densità dello spazio, del tempo e del moto. Riguardo al primo, si sottolinea come da Cauchy in poi si possa dire che il problema sia sostanzialmente risolto. Per quanto concerne il secondo, si mostra come, per superare il problema, occorra assumere la continuità dello spazio. Infine, relativamente al terzo, si discutono gli argomenti a favore della densità dello spazio, del tempo e del moto basati sulla percezione e sul realismo scientifico.
Nel presente intervento non prenderemo in considerazione la filosofia di Zenone di Elea e i suoi intenti nel formulare il paradosso di Achille1. Ci occuperemo, invece, della fortuna teoretica del ragionamento, cioè delle significative riflessioni su spazio, tempo e movimento che esso nel corso dei millenni, a partire da Aristotele fino a Russell, Grünbaum e Black, ha sollecitato. L’andamento delle nostre riflessioni sarà quindi principalmente analitico, cioè teso a sviscerare le insidie presenti nell’argomento di Zenone, senza però trascurare molteplici citazioni da pensatori autorevoli che si sono esercitati sul problema. Vedremo che l’Achille pone perlopiù dei problemi alla possibilità di una rappresentazione matematica del moto, in quanto sembra falsificare alcune comuni teorie fisiche. Di fatto sappiamo bene che Achille supererà la tartaruga, per cui se da ragionevoli premesse scientifiche deduciamo che questo non accade, allora ciò vuol dire che almeno una delle nostre premesse è da rifiutare, oppure che uno dei passi della deduzione è fallace. Dunque il ragionamento di Zenone ci spinge a una sempre più profonda comprensione della natura del moto. Inizieremo con una riformulazione moderna dell’argomento (1.), seguita dalla discussione della ragionevolezza della descrizione matematica standard dello spazio e del tempo (2. e 3.); mostreremo poi che la grandezza tempo è additiva, per cui, per la sua trattazione, si possono usare le comuni regole dell’algebra (4.), presenteremo quindi la soluzione accettata del paradosso, basata sulle somme finite e infinite (5.). A seguire la bizzarra, ma stimolante, interpretazione del primo Russell (6.) e per concludere esamineremo brevemente il problema dei supercompiti sollevato da Black (7. e 8.).
AUTORI&AUTRICI
È professore ordinario di Logica e filosofia della scienza nell'Università di Urbino; si interessa di filosofia della fisica e di filosofia della psicologia. Ha recentemente pubblicato il volume "I Paradossi di Zenone" (Carocci, 2012) e "Lettere immaginarie di Democrito alla figlia. Un invito alla filosofia" (Carocci, 2018).