Abstract
Wittgenstein, lo sguardo e il limite portrays Wittgenstein’s philosophy as a gaze placed on the limits – closed off to science – of what can be thought. This interpretation is finally applied not only to the early Wittgenstein, but to the whole of Wittgenstein’s philosophy and beyond the differences which are present in its different phases. This gaze has a methodological role: in the Tractatus, it unfurls through the unspoken, through which the that of the world – that the world is – shows itself. Later on, the gaze’s methodological role undergoes a metamorphosis which at once results in the invitation both not to think and to look – not to try to explain, rather to look beyond the concepts, through the method of the synoptic representation. The author, Anna Boncompagni, shows that not only the language, but also the gaze, in its variations, is a unifying theme behind all of Wittgenstein’s works, be it the gaze of the ineffable metaphysical subject, or the anthropological gaze that meets the limits of the human form of life – the gaze, aimed at understanding their meaning, towards the use of the words.
Wittgenstein, lo sguardo e il limite delinea la filosofia di Wittgenstein come sguardo posto sui limiti, inaccessibili alla scienza, del pensabile. Questa interpretazione viene finalmente applicata a tutta la filosofia di Wittgenstein al di là delle differenze presenti nelle sue diverse fasi, non solo a quella tractariana. Lo sguardo, ha, in particolare, un ruolo metodologico: nel Tractatus, esso si attua attraverso il non detto, attraverso il mostrarsi del che del mondo. In seguito, il ruolo metodologico dello sguardo assume una metamorfosi che si traduce nell’invito simultaneo a non pensare e a guardare – a non cercare di spiegare, di assolutizzare, ma di guardare oltre i concetti, attraverso il metodo della rappresentazione sinottica. L’autrice, Anna Boncompagni, mostra come non solo il linguaggio, ma anche il tema dello sguardo, nelle sue variazioni, sia un trait d’union di tutta l’opera wittgensteiniana, sia che si tratti dello sguardo ineffabile del soggetto metafisico tractariano, sia che si tratti di quello antropologico che incontra i limiti della forma di vita umana – lo sguardo a cui ci invita Wittgenstein verso l’uso delle parole per comprenderne il significato.
È nella chiave dello sguardo che viene in questo saggio ripensato anche il senso della svolta linguistica, ovvero il riorientamento della riflessione filosofica novecentesca: Wittgenstein è forse il massimo esponente di questa svolta, per cui la filosofia rinuncia a farsi scienza scopritrice di assoluti per volgersi all’esercizio sui limiti del senso; essa si fa riflessione sul linguaggio quando scopre che linguaggio, mondo e soggetto sono inestricabili e inestricabilmente votati a scontrarsi con (e ad incontrare) i limiti del senso.
Citazione
Silvia Lanzetta, “Anna Boncompagni, Wittgenstein. Lo sguardo e il limite, Milano-Udine, Mimesis Edizioni, 2011, pp. 218”, in “APhEx 12”, 2015, pp. 19.
Numero della rivista
Visualizza e scarica il file PDF
Vai agli indici
AUTORI&AUTRICI
Dopo la laurea in filosofia, ha conseguito il dottorato in sociologia presso la Macquarie University di Sydney, in cotutela con la facoltà di filosofia di Firenze. In Australia ha inoltre seguito un percorso antropologico post-laurea. Ha svolto attività di docenza in materie sociologiche e filosofiche in Australia presso la Macquarie University e in Italia presso università americane. Attualmente, insegna studi di genere (IES, Siena) e filosofia (Verto Education, Firenze).